Presentato alle 64esima edizione del Festival di Venezia, Hotel Chevalier non solo è un cortometraggio di Wes Anderson, ma funge anche da prologo al film Il treno per il Darjeeling, dello stesso regista. Questo cortometraggio sembra raccontare una storia a sé stante, ma in realtà da risposte che aiutano a completare il film originale.
L’intero corto si svolge all’interno di una stanza dell’Hotel Chevalier, da cui prende nome. Il protagonista, Jack Whitman (Jason Schwartzman) impegnato ad ordinare del cibo, mentre se ne sta disteso sul letto di una stanza interamente decorata di giallo. Subito dopo riceve la telefonata dalla sua “quasi ex fidanzata”, interpretata da Natalie Portman, che annuncia il suo improvviso arrivo all’hotel. Jack cercherà di rendere la stanza lo scenario perfetto per l’incontro, come se fosse la scena di un film (una delle caratteristiche principali del personaggio, che verrà approfondita poi ne Il treno per il Darjeeling). C’è una mancanza di comunicazione appropriata, uno scambio di battute in cui i due si ascoltano senza capirsi. Per il resto del corto, lei passerà il tempo nella sua stanza, guardandosi intorno e prendendo parte a conversazioni sull’amore e sulla loro relazione tipiche dello stile di Wes Anderson.
Oltre a presentare il personaggio di Jack, uno dei tre fratelli protagonisti del lungometraggio, Hotel Chevalier mostra e spiega il perché della tristezza e desolazione per l’impossibile storia d’amore che prova l’uomo durante il viaggio sul Darjeeling Limited.
Nella valigia che porta con sé durante il viaggio, infatti, Jack porta i ricordi di quella serata passata con Natalie Portman nella stanza d’albergo: l’iPod da cui fin dall’inizio del corto si sentono le note di “Where Do You Go To (My Lovely)” di Peter Sarsted), la vestaglia gialla – colore simbolico dell’intero cortometraggio – e la boccetta di profumo. Jack inoltre racconterà nel lungometraggio l’intera storia del loro incontro, spacciandola per opera di fantasia.
Anche se il cortometraggio dura poco meno di un quarto d’ora, lo stile di Wes Anderson emerge chiaramente attraverso la cura spasmodica degli oggetti e del loro significato – ad esempio la statuetta raffigurante una divinità indiana, simbolo del viaggio in India che Jack sta per intraprendere -, la caratterizzazione dei personaggi – lo stuzzicadenti della Portman, la vestaglia gialla in pendant con la stanza – e le sue ormai celebri tecniche di ripresa, tra i primi piani dei protagonisti e le inquadrature perfettamente simmetriche.
Semplice e d’impatto Hotel Chevalier è un assaggio di quella che sembra essere una storia d’amore dolceamara, in tutta la sua complessità.
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