Tratto dall’omonimo libro di Irvine Welsh, Trainspotting, la pellicola diretta da Danny Boyle racconta la storia di Mark Renton e del suo gruppo di amici in una Edimburgo underground degli anni Novanta. Un film cult che ha fotografato in modo schietto e feroce una generazione allo sbando.
Attenzione, questa analisi del film Trainspotting contiene spoiler!
Un racconto quasi autobiografico in cui gli scenari urbani della Scozia ne fanno da quadro. A Edimburgo, durante i primi anni ’90, un gruppo di ragazzi delle periferie vivono senza una direzione precisa, afflitti da un vuoto esistenziale che colmano solo facendo uso di droga o bevendo al pub, tra deboli tentativi fai-da-te di disintossicazione, serate in discoteca, e risse.
Renton (Ewan McGregor) è da sempre in sottointesa competizione con Sick Boy (Johnny Lee Miller), biondissimo amico d’infanzia con cui ha intrapreso i primi passi verso il mondo della droga, con una particolare ossessione per Sean Connery.
C’è Spud, forse l’unico amico a cui Renton tiene davvero, tanto tossico quanto ingenuo, interpretato da uno spettacolare Ewen Bremmer, che risulta esilarante anche durante un banale colloqui di lavoro. Impossibile non citare Begbie (Robert Carlysle), l’unico del gruppo che non fa uso di droghe, ma “si faceva di gente”; è il più anziano, ma non per questo uno da cui prendere esempio: è violento, alcolizzato e incline alle risse da pub. C’è infine Diane (Kelly Macdonald), l’unica ragazza per cui Mark ha forse un interesse più profondo che va oltre il semplice flirt.
Trainspotting è una pellicola che, dopo vent’anni, rimane ancora viva nell’immaginario collettivo con scene iconiche, quali quella in cui Renton e Spud corrono come forsennati per strada sulle note di Lust for Life di Iggy Pop; il monologo iniziale e finale di Mark con la sua interpretazione dello slogan “Scegli la vita”; il “peggior cesso della Scozia” e via dicendo. Il risultato è una rappresentazione di sottocultura degradata, popolata da droga e violenza, ma al cui racconto non manca una massiccia dose di grottesca ironia e una finale presa di coscienza da parte del protagonista. Un film furbo, acutissimo, tragicomico, terrificante, angosciante, martellante, ma soprattutto, imperdibile. Scegliete la vita.
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